traguardo*
June 26th, 2015Un traguardo è qualcosa che hai davanti e che punti a raggiungere; per farlo devi concentrarti e investire tutte le tue energie alla sua causa. Poi, un giorno, a quel traguardo arrivi, e dopo un primo momento di euforia e di incredulità, mentre ti rendi conto che l’obiettivo al quale hai dedicato gran parte della tua vita e del tuo tempo è stato raggiunto, proprio allora ti volti indietro e guardi la strada che hai fatto e ti ricordi le persone alle quali sei intellettualmente debitore: i maestri che hai incontrato. Moscato, mia professoressa di Letteratura al Liceo, Alison, mio mentore degli anni dell’università e, soprattutto, la Madonna a Lourdes, incontrata a 18 anni durante un viaggio che mi ha cambiato, non solo letteralmente, la vita. Ma più fissi questo tempo denso di eventi persone luoghi, più metti a fuoco anche i costi dell’impresa. I sacrifici tuoi, sicuramente, ma soprattutto i sacrifici degli altri. Quelli che in questa impresa ti sono stati vicino, ti hanno supportato motivato e rincuorato anche e soprattutto in quei momenti in cui avresti voluto mollare tutto. E poi, ci sono quelli che invece i sacrifici li hanno subiti come hanno subito le tue scelte; che si sono trovati travolti dalla tua corsa, dalla tua determinazione: quelli che ti erano vicino e hanno dovuto però rinunziare ad averti come avrebbero voluto.
Due gruppi di persone diverse tra loro la cui presenza e il cui ruolo però è stato simmetricamente determinante per raggiungere il tuo traguardo. Per farti essere dove sei ora, da dove hai iniziato a guardarti indietro. Due gruppi, ma per me anche e soprattutto due persone più di qualsiasi altra: mia madre Luisa, mio figlio Tomas.
Luisa, che ha investito tutta se stessa, come ogni mamma, nei figli, nel supportare le scelte che ognuno di noi ad un certo momento della propria vita ha fatto. Felice sempre. Disponibile ancora di più. Sicuramente la persona più buona che io abbia incontrato finora. Buona di un amore che non conosceva invidia rancore egoismo, virtù che spero sempre di aver – almeno in piccolissima parte – ereditato. Lei non c’è più, e potrà vedere e godere di questo traguardo solo da quel luogo lontano in cui si trova ora, dove non ci sono più affanni e il corpo non ha più peso.
Tomas, che è nato l’anno in cui ho iniziato il dottorato (1990) e la cui età è proprio quella della mia lunga corsa verso il traguardo, dal suo primo inizio. Figlio che neonato e bambino ha seguito le scorrerie del padre in giro per conferenze e musei, città e architetture, lezioni e monumenti. Paziente silenzioso e sedotto da tutta quella bellezza che assimilava e archiviava dentro di se, giorno dopo giorno, e che poi è riemersa nella scelta dell’Accademia come presente e futuro. Figlio che però ha dovuto poi, da adolescente, pagare il peso dell’assenza e della lontananza di un padre sempre più immerso in scadenze ed emergenze per lo più frutto della sua bulimica e irrefrenabile necessità di fare costruire sperimentare. Senza tregua e senza una vera ragione. A lui questo traguardo è costato più che a me stesso e più che a tutti gli altri, mogli amanti amici, che pure mi sono stati vicini nel tempo e che pure si sono visti togliere il mio tempo con loro.
Ed è proprio a lui, a Tomas, figlio ancora ragazzo e alla ricerca di se stesso, che offro questo traguardo, come fosse un testimone e un viatico per il suo stesso cammino in questa vita.
Che il suo traguardo possa essere il suo stesso cammino.
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26 Giugno 2015, vincitore del concorso di Prima Fascia per un posto di Professore Ordinario di Architettura degli Interni presso il Politecnico di Milano.